
Anselmo e Roderigo presero a passeggiare in silenzio per l’antica città; in alto, disegnate dagli stretti muri, apparivano virgole di cielo.
Palazzi, chiese, sontuose inferriate di finestre, case che una volta furono di servi, si susseguivano. In via del Crocefisso, dipinto su un muro giallo, c’era un Cristo inchiodato alla croce. Il fianco della chiesa del Battista era bianco e solitario, sembrava fatto di ossa. Ogni tanto sopravanzavano da un muro fronde di un giardino patrizio.
«Andiamo sulle mura?» propose Roderigo. «Ne ho sentito parlare, non ci sono mai stato.»
Tutto nella città era vicino; era come da una stanza si passasse all’altra, una casa dai numerosi diverticoli, dalle multiple magie. Le mura racchiudevano tutto ciò, erano alberate, un grande viale sovrastante la città, grossi margini di una conca.
«Sì, andiamo » rispose Anselmo e non gli sembrò possibile che fossero venuti in quella città per degli amici che erano in carcere.
Superarono una leggerissima salita e furono sulle mura. La primavera inotrata aveva riempito i rami di foglie; in molte parti il muschio ricopriva la terra.
(Mario Tobino, Il clandestino, pag. 525 e 526 – Arnoldo Mondadori Editore, 1962)
L’ha ribloggato su Alchimiee ha commentato:
Ho più di un motivo per evidenzio da me il post.
Stimo Tobino.
Scrittore dalla penna fascinosa.
Lo stimo per la scelta umana e professionale che ha fatto nella parte finale della sua vita .
Prima fu partigiano.
Poi si dedicò “tout court” ai malati di mente.
Evidenzio perchè mi piacerebbe vedere un giorno queste mura..
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Ti ringrazio, saluti.
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