
Io non so se Giovanni Boccaccio, tornando per un miracolo gentile a sogguardare il paese dall’alto della sua torre rossa, avrebbe ragione di compiangere i fumosi camini dei pastificii che ingombrano il nuovo paese. Forse ripenserebbe ai versi amari della invettiva con cui bollò tutti gli
… ingrati meccanici, nemici
d’ogni gentile e caro adoperare;
e forse anche potrebbe sorridere di bonomia, vedendosi fatto marmoreo corteggiator di mercati, mentre il suo nido sanguigno conserva ancora in alto l’aspetto medievale e pittoresco de’ giorni, che furono suoi veramente.
Certaldo è legato indissolubilmente al nome e alla gloria di Giovanni Boccaccio. Patria Certaldum, studium fuit alma poesis è l’esametro che il sommo novellatore dettò per la sua tomba. E bisogna ripetere col Carducci in quel suo memorabile e denso e alato discorso del 21 dicembre 1875:
« Egli che potea nominar patria due grandi città, egli, o certaldesi, all’ultimo si disse vostro; e. memore che di qui eran venuti i suoi padri, qui all’aer dolce dei colli toscani chiese un refugio per gli ultimi studii e un po’ di requie all’ingegno e l’oblio delle illusioni del mondo e il sollievo alla stanchezza degli anni cadenti : morendo ei fece di sé grazia a Certaldo ».
Chi sale a Certaldo, deve avere con sé e rileggere sul posto il magnifico discorso carducciano, in cui la rappresentazione della vita del sommo Certaldese è intimamente viva e connessa con la discussione della sua feconda attività letteraria. Per quelli che non possono averlo sott’occhio, io trascrivo questa pagina sul Decameron:
« È il rovescio della Commedia Divina di Dante: è la commedia umana in tutti i secoli, in tutti i paesi, in tutte le condizioni, disegnata sul fondo della natura, al lume della ragione. L’autore, plebeo e mercatante, erudito e poeta, viaggiatore e uso alle corti, si trasmuta per tutte le guise, si rinnova in tutte le rappresentazioni. Niuno dopo Dante e prima dello Shakespeare creò come il Boccaccio tante figure diverse in tante diverse posizioni. E questa diversità delle cento novelle è poi distribuita in una solenne unità, con accorgimenti artificiosissimi: a canto alla novella che burla e sorride quella che piange e che sanguina, dopo il cinismo la passione e il sacrifizio, presso il motto l’orazione. E la unità che incornicia, mi sia lecito dirlo, tanta varietà è un poema ella stessa: un poema comico nel senso di Dante, che move dai lutti della pestilenza e dagli oscuri silenzi d’una chiesa per distendersi e serpeggiare su per i colli di Firenze e le convalli di Fiesole cercando gli splendori del sole e il gioioso colle della felicità tra fiori e alberi e acque e sorrisi e giuochi e canti di giovani e donne. E quei giovani e quelle donne pur nella lieta concordia con cui servono all’officio di narratori, sono gente seria, hanno un carattere spiccato ciascuno e ne improntano la loro narrazione. Tale è la mirabile opera di Messer Giovanni Boccacci : l’opera che dopo la Divina Commedia più attesta la potenza dell’ingegno italiano nell’accoppiare a tanta facoltà d’invenzione una temperanza così artistica, anzi così matematica, di distribuzione e d’armonia ».
E pure lo scrittore più grande della commedia umana, l’uomo che visse nelle corti senza piegar mai la testa all’adulazione, si ritirava come un povero amanuense nella casa dei suoi padri a Certaldo. Non si può dimenticar le amare angustie fra cui si svolse e si agitò la vecchiezza di Messer Giovanni, perchè il mantello lasciatogli in dono da Francesco Petrarca, se valse a riscaldarlo nella fredda stagione, non basta a ricoprire certe ingiustizie profonde degli uomini e dei tempi.
Però una visita alla sua casetta turrita è il primo dovere di chi sosta a Certaldo.
Certaldo alto conserva quasi integralmente un aspetto fiammeggiante. Chiuso ancora nel cerchio delle sue mura rosse, con le vecchie porte, con le vecchie case tutte di mattoni rossi, esso ha nelle poche strade anguste un’ imagine diversa, ma non indegna del paese turrito, che prospetta arditamente.
La prima volta che vi salii, in un tramonto di novembre, anche la strada che dalla stazione vagamente rigirando conduce nel cuore del vecchio paese, era rossa forse pe’ detriti di mattoni trasportati. E in quel rosseggiare tortuoso di mura e di piani, mi parve di avere la sensazione naturale di tutta l’arte amorosa e complessa di volute, che è l’anima dello stile di Boccaccio. […]
( Romualdo Pantini, brano tratto da “San Gimignano e Certaldo” – 1904, Istituto Italiano D’Arti Grafiche )