
Da Siena avremo osservata col cannocchiale la vallata caratteristica che si chiude a sinistra con le alte colline di Montepulciano e Pietraporciana, a destra con la montagna di S. Fiora o, più correttamente parlando, col M. Amiata, e nel fondo con due cime, Cetona e Radicofani, tutte riunite fra loro mediante una teoria di montagnole ininterrotte e disposte a semicerchio.
Ma da Siena, sebbene lo sguardo spazi nella vallata dell’Orcia, soltanto le masse e i profili dei monti sono ben distinti, purché l’aria sia trasparente.
Da Torrenieri invece, e meglio ancora da S. Quirico, la vallata si domina più completamente e lo spettacolo è splendido. Le colline che, una dietro l’altra, sorvegliando il fiume Asso, vengono da sinistra, ossia da oriente, svoltano a un tratto per dirigersi a mezzodì e. increspandosi nei fianchi boscosi, vanno formando infinite vallette i cui torrenti tutti scendono all’Orcia.
Sui crinali è un seguirsi di paeselli e di fortilizi, di chiese e di grancie che formano una catena nobilmente chiusa con l’Abbadia di Spineta, come la catena di colline dividenti Val di Chiana e Val d’Orcia si chiude nobilmente con la bella montagna di Cetona.
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A cavaliere vediamo la torre della Violante, poi Montefollonico, Montepulciano, Castelluccio ; più in giù a mezza costa o presso la valle, S. Giovanni d’Asso, Castelmuzio, Montelifrè, Trequanda, Petroio, Pienza, Monticchiello, Castiglioncello del Trinoro.
Di fronte verso sud-est torreggia Radicofani che stende quasi le sue braccia muscolose e montuose verso il Monte di Cetona da una parte, e dall’altra verso il M. Amiata che noi vediamo innalzarsi maestoso e altissimo tutto ricoperto di foreste e cosparso di villaggi, sulla man dritta cioè da sud-ovest a ovest.
Tutta la incorniciatura della valle è, per questo lato, formata dalla montagna meravigliosa e ignorata che se nella storia della famosa Abbadia di S. Salvadore fa sentire spesso il suo nome e quello dei suoi Conti Aldobrandeschi, non resta però anche oggi inoperosa a vantar la sua storia e produce invece ogni sorta di minerali preziosi, produce artisti ed asceti, letterati e filosofi, industriali e poeti.
La santa, la bella montagna dai castagni enormi e schietti par che dall’alto voglia fare scendere per i suoi fianchi un lungo soffio refrigerante, filtrato e purificato dalle sue foreste, giù nella valle brulla e nuda che fa contrasto magnifico di colore e di forma con la sua vicina.
Tra queste ripe, tra questi margini, la valle dell’Orcia si dibatte come presa in un movimento convulso delle sue terre ondulate e tale forse parve ad un poeta come golfo di un gran mare in tempesta quando la mirò dall’alto della torre del Mangia o dai baluardi di Porta Romana.
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(F. Bargagli-Petrucci, brano tratto da “Pienza, Montalcino e la Val d’Orcia Senese” – Istituto Italiano d’Arti Grafiche, 1911 )