
[…] Pienza, la piccola città sovrana della Valle dell’Orcia, perdendo Enea Silvio Piccolomìni, perse tutto. Vide svanire per sempre una bella speranza di grandezza ; svanirono i sogni delle grandi imprese, del nome chiarissimo pronunziato dal mondo intero accanto a quello di Roma: ogni vanità di sapersi oggetto di rispetto e di ossequio come sede della Corte pontificia, si umiliò improvvisamente, dopo tanto sfavillare di speranze.
Pienza era uscita dal periodo breve di trasformazione, volando al sole della gloria, come una farfalla variopinta esce dal boccio nel quale si chiuse verme.
Dal giorno ultimo di Pio II quella vaga farfalla dell’arte morì, ma non si corruppero le sue ali ; restò immota ma nulla perse del suo splendore. E adattandosi con magnanimità alla nuova sorte, i cittadini di Pienza, con gli stessi Piccolominì alla testa, votarono la loro vita a conservare il tesoro delle bellezze artistiche della patria di Pio II e a ricordare.
Città dolcissima di ricordi e di sogni, che nel chiarore della luna stacchi il tuo profilo elegante e angoloso sul nerissimo fianco del Monteamiata, continua a ricordarti e a ricordare. Questa è la tua missione ; te la ricordi quel campanile aguzzo che veglia su la cattedrale pericolante dalla sponda delle tue mura e la tua voce sia quella della campana che porta scolpiti i tre distici dettati dal Papa stesso. […]
Creata per un nobile sfogo di genialità e di generosità, di gratitudine e di arte, Pienza deve essere sempre fedele e scrupolosa osservatrice della volontà del suo fondatore, che fra le Bolle datate da questa nuova piccola Roma ne firmava una per applicare la potenza dei divieti pontifici in difesa della cattedrale pientina contro la prevista manomissione di posteri vandalici.
In questa Bolla, che porta la firma del Cardinale Piccolomini, nipote del Papa Pio II bandisce al mondo :
« In questo tempio che costruimmo e dedicammo alla Beata Vergine Maria, Madre del Signore Iddio nostro, nessuno osi seppellire morti ad eccezione dei sacerdoti e dei vescovi ; nessuno violi il candore dei muri e delle colonne : nessuno dipinga, nessuno attacchi quadri, nessuno faccia cappelle o altari oltre quelli che ci sono ; nessuno muti, sia superiormente che inferiormente, la forma del tempio stesso. E se alcuno farà il contrario sia scomunicato e non possa essere assoluto che dal solo Pontefice Romano o in articulo mortis ».
Ecco, o Pienza, la tua legge che la campana maggiore del Duomo ti ricorda ogni giorno con la sua voce alta e limpida come la mente di colui che scrisse la breve Bolla terribilmente severa ! […]
(F. Bargagli-Petrucci, brano tratto da “Pienza, Montalcino e la Val d’Orcia Senese” – Istituto Italiano d’Arti Grafiche, 1911 )