
Nell’istante in cui delle necessità ineluttabili mi obbligano a prender commiato dalla capitale della Toscana, comincio a comprendere come sia infinito il numero delle meraviglie che m’è giocoforza trascurare. Con quanta gioia non avrei io intrapreso coi miei lettori un’escursione lungo i bastioni, dalla porta San Miniato sino alla porta di San Frediano !
Tentiamo per lo meno di notare ciò che v’ha di più degno d’osservazione in questa tappa troppo raramente percorsa, e ove regna tutto l’anno una solitudine completa. Appena usciti, si prenda a destra la via erta e dirupata che costeggia le fortificazioni; di tratto in tratto alcuni ulivi, o una vecchia torre, d’una costruzione abbastanza rudimentale, tappezzata d’ edera. Dopo aver descritto una forte curva, sbocchiamo sull’altura innanzi alla porta San Giorgio, che si apre sul pittoresco sobborgo omonimo. […]
In un raggio più esteso, quanti castelli o ville storiche reclamerebbero la nostra visita ! Qui nelle vicinanze, i villaggi leggendarii dei tagliapietre, Rovezzano, Settignano e Majano, Vincigliata. colla sua formidabile cinta merlata, le torri, le gallerie, le sale medine vali, con tant’accuratezza restaurate da un Mecenate inglese stabilitosi a Firenze, il maggiore Temple Leader, e da lui popolate di reliquie del passato, come pure di tesori d’arte. Là, dal lato opposto, la villa d’Antella, ove donna Emilia Peruzzi continua le nobili tradizioni di cultura letteraria e d’ospitalità di cui diede l’esempio il suo indimenticabile consorte. Più lungi il paese di Chianti co’ suoi celebri vigneti.
Venendo dall’Antella , invece di rientrare in città dalla porta San Niccolò, saliremo la collina che domina Firenze da questo lato, e che posta dirimpetto a Fiesole, situata dall’altra parte dell’Arno, oppone alla sua cattedrale e ai suoi conventi, le moumentali balaustre delia piazza di Michelangelo, la fiera e sobria facciata di San Miniato, il suo campanile in rovina, la sua abitazione per gli ecclesiastici merlata. […]
Che cosa sia questo genio fiorentino, fatto d’ispirazione e di pulitezza, d’imitazione e d’indipendenza, e che sia questa coscienza della libertà è difficile proclamarlo con sufficiente energia. Sì, a forza di precisione i Fiorentini sono talora caduti nella secchezza; essi finirono col non esser neppure dei disegnatori, mentre avrebbero dovuto essere coloristi.
Tuttavia non mancano i risalti nelle loro creazioni; vi si ritrova l’armatura drammatica, le linee delle grandi combinazioni d’interessi e di passioni, senza cui tutti i raffinamenti, tutti i ripieghi e gli espedienti della tecnica non riuscirebbero a scuoterci neppure una fibra. Non dimentichiamo mai un solo istante che il Rinascimento, e con esso un intero aspetto della civiltà moderna, ha ricevuto a Firenze la sua impronta.
( Eugenio Müntz, brano tratto da “Firenze e la Toscana”, Fratelli Treves Editori, 1899 )