
[…] Tutto il popolo si prostrò in un solenne raccoglimento, e l’organo, allargandone il tempo, travestì da adagio maestoso l’allegro del Trovatore: «Di quella pira l’orrendo fuoco». Alla cerimonia della consacrazione tenne dietro il solito rumore confuso di stropiccio di piedi, di tintinnìo di medaglie e l’indispensabile scarica di tossicone generale. E l’aria si faceva sempre più pesa e nauseante, quando il medico riattaccò sotto voce la conversazione.
«E il fratello del sor Cosimo, detto di soprannome Cotenna, è quel tale che, nientemeno…» E qui mi si accostò all’orecchio e mi disse: «…».
«Andiamo !», esclamai meravigliato. «Tutti i giorni ?!»
«Sulla mia parola d’onore !»
Il sor Cosimo mi sorrideva in fondo alla chiesa e mi accennava all’organo come per dirmi: «Ha sentito, eh ? che razza di strumento e che sonatore !».
«E quello con quel ciarpone di seta nera al collo, che è inginocchiato accanto al sor Cosimo», continuò il Dottore, «è lo Stelloni mugnaio, assessore della pubblica istruzione. Il sor Cosimo lo prescelse alla carica, perché, vista l’antipatia che fin da bambino lo Stelloni aveva dimostrato per le scuole, poté tranquillizzare il Consiglio che lui delle spese inutili non ne avrebbe fatto fare.
E l’assessore Stelloni, fedele al suo mandato, non ha mai messo piede in una scuola. Lui dice per non compromettersi, perché le cose non vanno a modo suo; la canaglia dice che ha paura di dovere interrogare i ragazzi. E’ un buon diavolo, però, e non ha odio con altri fuori che col maestro comunale, quel giovanotto pallido lì dalla piletta, perché sopra un componimento del suo figliolo corresse appetito divoratore dove era scritto appetito divoratrice. Lo Stelloni lo compatì benignamente finché la questione rimase dubbia; ma quando fu accertato che il maestro aveva ragione, il benigno compatimento dell’Assessore si convertì in odio implacabile, e ora cerca tutte le gretole per poterlo mettere nella strada a morire di fame.
Quel vecchietto magro, in capo fila a destra, è uno dei più ricchi possidenti del paese, cavalocchi e notaro in ritiro e già Sindaco prima del sor Cosimo. La sua passione è di schiacciare le noci colla testa e di contraddire sistematicamente in Consiglio tutto quello che il signor Cosimo propone. Si è immortalato con due iscrizioni che ha fatto porre col proprio nome in lettere maiuscole durante la sua gestione: una al pozzo pubblico quando ci fece mettere la pompa, e un’altra, che eccola laggiù dove è quello scalcinato, quando fece ridorare a sue spese il ciborio alla cappella de’ sette dolori. Braccò il sindacato per far passare un braccio di strada obbligatoria dalla sua villa; ma poi, non avendola potuta ottenere ed essendogli stata imbiancata la proposta pel cavalierato, si ritirò fremendo, e ora si sfoga a fare opposizione in Consiglio, manda via un contadino l’anno e dice ira di Dio del Governo in ogni occasione, non esclusa quella che la brinata gli sciupi nell’orto i pomodori primaticci.»
«E tu sei alle mani di questa gente !», osservai.
«Sono alle mani di questa gente.» […]
(Renato Fucini, brano tratto da “Scampagnata”, in “Le veglie di Neri: paesi e figure della campagna Toscana”, 1882)
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