
Chiunque attentamente osservi le parti integrali di questo edifizio, e l’esterna di lui struttura, facilmente potrà rilevare che questo non fu fatto tutto in un tempo, mentre quella parte, che di fianco guarda il Levante , non lascia di sufficientemente indicare di essere stata già una piccola Chiesa o Cappella, innanzi che in progresso di tempo si venisse indi a farle l’aumento di quell’altra porzione, la quale si stende verso il Ponente. Alessandro da Morrona, cui molto dee Pisa per la diligente premura ch’ei si è data di illustrare la sua Patria in ciò che specialmente concerne le Arti del Disegno, aveva già sospettato della differenza di età nella costruzione di tal fabbrica, ma fu ben contento, quando vide realizzato e condotto al grado di sicura verità il da lui concepito sospetto per mezzo di memorie le più autentiche: e conchiuse che il primo Oratorio fu condotto circa al 1230, e che dopo il 1300 si pensò dal Senato Pisano ad accrescerlo, forse perchè parea troppo angusto alla concorrenza dei Fedeli, che per devozione qua si recavano a orare.
Ci è affatto ignoto il nome sì del primo, come del secondo Architetto: ma checchè sia di loro seguitarono la moda del tempo in cui vissero, e sfoggiarono quivi in quell’ordine di Architettura che potrebbe dirsi Gotico-Moresco, perchè portato in Italia dai Saraceni, che abbandonarono l’Oriente per cercare altrove miglior fortuna, e più comodo stabilimento.
Chi ama di osservare solo la perfezione nei prodotti dall’Arti non approverà gran fatto la nostra determinazione in proporre all’esame del curioso osservatore questo Tempietto, che taluno forse troppo smorfioso avrebbe voluto atterrare sul riflesso di render più vago, e meno ingombrato il Lungarno. Essendoci noi proposti però di servire all’Istoria dell’arte nelle nostre ricerche, e di richiamare l’attenzione dell’osservatore su tutto ciò che può interessare il divisato oggetto, non abbiamo voluto trascurare ancora questo monumento, il quale, per quanto veggasi deviare da quella elegante semplicità e sodezza che si desidera nelle fabbriche, per la stravaganza degli ornati, che vi hanno luogo , pure dovunque presenta un lavoro, (scrive il citato da Morrona)
“leggiero, immenso, difficultoso , e capace di sorprendere, e anche di dilettare nel suo genere …. Guglie, balaustrate, campaniletti, tabernacoli un sopra l’altro, corniciami, e modinature sottilmente intagliate, rosoni, statue, ed altri lavori tutti di fino e levigato marmo, e profusi con prodigalità e capriccio compongono le facciate dell’ Edifizlo.”
Esso adunque presenta all’occhio, ed offre per ogni dove espresso il deciso carattere del divisato ordine di Architettura, ed è per questo ancora che merita le nostre osservazioni.
Isolata da ogni parte si alza questa fabbrica con proporzionata misura sulla sinistra sponda dell’Arno, là dove un tempo era prossimo un ponte, di cui oggi più non esiste pure alcun vestigio; e di qui egli è che nelle antiche memorie si trova appellata col nome di S. Maria del Ponte Nuovo, come ora dicesi della Spina, perchè vi fu già riposta, quasi Reliquia singolare, una di quelle Spine che trafissero il Capo del Redentore.

Presso che affatto priva di ornati è quella parte, che condotta sul Fiume, guarda la Tramontana, ma l’altra esposta al Mezzogiorno ne è fors’anche troppo ricca, e doviziosamente caricata. L’epistilio che adorna una porta murata, la quale probabilmente già fu la principale , se non forse l’unica del più antico Oratorio, è di un lavoro eccellente, ma nell’opere di Scultura può agevolmente ravvisarsi il fare di quei Pisani maestri, che non arrischiarono un passo oltre la semplice imitazione della natura , nè seppero scegliere sempre le sue forme migliori.
Il Vasari nella Vita di Niccola e di Giovanni, Architetti e Scultori Pisani ci narra che morto Niccola, e ricondottosi in Patria Giovanni
“avendosi a fare alcune cose nella piccola, ma ornatissima Chiesa di S. Maria della Spina, furono date a fare a Giovanni, il quale messovi mano, con l’aiuto di alcuni suoi giovani condusse molti ornamenti di quello Oratorio a quella perfezione che oggi si vede; la qual opera, per quello che si può giudicare, dovette essere in quei tempi tenuta miracolosa, e tanto più avendovi fatto in una figura il ritratto di Niccola al naturale , come seppe meglio.”
L’interno di questo Tempio ancora offre all’osservatore, e all’intendente non pochi oggetti d’arte che meritano diligente osservazione.
( Francesco Fontani, brano tratto da “Viaggio pittorico della Toscana – Vol. 3” – Firenze per Vincenzo Batelli e Comp., 1827 )