
Lungo la spiaggia, una fitta e ampia pineta che si distende sulle due rive dell’Arno e si collega da un lato con quella di Viareggio e dall’altro si spinge verso Livorno, offre l’asilo più gradito nelle calde giornate estive e sparge in mezzo all’aere purissimo gli acri e salutari profumi delle resine.
Alla foce del fiume, le due rive opposte presentano un singolare contrasto che parrebbe il riassunto, la sintesi delle bellezze naturali infinite dei luoghi che l’Arno attraversa nel suo lungo percorso.
Da un lato i boschi folti e quasi impraticabili, le praterie popolate di greggi, i viali interminabili, silenziosi e deserti, i casini campestri circondati dalla lussureggiante vegetazione, dai fiori rigogliosi e da una quiete alta e profonda che simboleggia la natura nella sua calma più completa.
Dall’altra sponda, è rappresentata in tutta la sua gajezza, in tutto il suo splendore l’eleganza e la giocondità della vita moderna.
Dove non erano che uno squallido e melanconico fortino per la guardia della costa e poche casupole di boscajoli, abbandonate in mezzo alla fitta pineta e sulle arene continuamente percosse dal mare, è ora una delle più belle, delle più ridenti, delle più sfarzose stazioni balneari.
La costa renosa formicola di stabilimenti balneari, di padiglioni, di baracche che accolgono nuvoli di bagnanti, che offrono un allegro e piacevole asilo ad una colonia numerosa: viali lunghissimi, ai quali fanno capo una quantità di strade, passano in mezzo a palazzi sfarzosi, a leggiadre palazzine, a pettegoli villini….. Marina di Pisa è oggi un paese, quasi una cittadina, gaja ed animata, che in pochi anni ha prodigiosamente prosperato in quel lembo del litorale toscano e che simboleggia il lusso, l’allegria, il benessere e l’animazione.
Fra la quiete solenne di San Rossore e la festiva giocondità di Marina, l’Arno passa muto e silenzioso; striscia come un serpe fra le alte erbe e fra i cespugli delle sue rive, si allarga formando isolotti e canali che servono d’asilo alla selvaggina ed ai pesci insidiati dall’umana voracità, si dibatte contro le onde incalzanti del mare, tanto che si direbbe un gigante moribondo che oppone gli ultimi suoi sforzi al fato inesorabile che lo condanna.
Ma l’Arno è ormai scomparso: il Tirreno l’ha travolto ed inghiottito nei suoi vortici misteriosi.
( Guido Carocci, brano tratto dal libro “Il Valdarno da Firenze al mare”, 1906 )

