Corrado Ricci, Volterra – Gli Alabastrai


Volterra - Bottega alabastrai - Foto tratta dal libro "Volterra" di Corrado Ricci, 1905 – Istituto Italiano d’Arti Grafiche
Volterra – Bottega alabastrai – Foto tratta dal libro “Volterra” di Corrado Ricci, 1905 – Istituto Italiano d’Arti Grafiche

[…]  Dalla scoltura una grande industria ha saputo levare Volterra, utilizzando il tenero alabastro che si scava nel suo territorio, un’industria che anche oggi costituisce forse il suo maggior cespite economico.

Abbiamo veduto come l’alabastro fosse usato spesso dagli Etruschi per le loro urnette. Non si trova invece che il medio-evo e la Rinascenza se ne prevalessero.

L’idea di far opere forti e durature indusse forse quei tempi al disprezzo della molle materia, la quale fu ripresa a lavorare verso la fine del secolo XVI. Gaspare Franceschini teneva già nei primissimi anni del seicento « bottega lavorando gli alabastri » e suo figlio Baldassarre — divenuto poi abilissimo pittore — cominciò la sua vita artistica aiutando il padre. D’allora in poi vanno apparendo nei ricordi di Volterra alcuni accenni a lavoratori d’alabastro, ed anche qualche piccola scoltura ornamentale resta in qualche chiesa o su qualche porta.

Ma quegli ch’ebbe il vero merito di disciplinare e organizzare 1’industria degli alabastri fu Marcello Inghirami Fei, un gentiluomo ricco, intraprendente « non che di aspetto nobile e bello ». Nel 1791 decise di aprire uno studio e chiamò molti popolani perchè imparassero a disegnare e a scolpire; si provvide di calchi in gesso di scolture antiche, di piccoli modelli d’insigni scultori contemporanei, aprì magazzini nelle città principali d’Italia e sino a Vienna e a Parigi.

L’impresa fallì perchè iniziata « con troppo generoso furore ». Ma il buon seme fruttò. Man mano le ordinazioni ridiedero forza e fortuna a quell’industria che oggi occupa centinaia e centinaia di Volterrani. La città n’è invasa: per le vie s’incontrano birocci ed asinelli che vengono specialmente dalle cave di Castellina carichi dei blocchi tondi dell’alabastro in natura e carri pieni di casse con gli alabastri lavorati che ripartono; ai pochi negozi di merci e di mestieri diversi seguono nelle vie i depositi dei blocchi e. in lunghe file, le botteghe dove gli alabastrai lavorano i modesti oggetti di soprammobile, e gli scultori le loro statuette. La polvere candida della dolce pietra scalpellata, segata, grattata, limata, lisciata come una gessite, imbianca ogni più riposto angolo dei laboratoriì, e per le soglie delle porte si sparge nei cortili, nelle vie, nelle piazze. Le scheggie, inoltre, tengono la vece della ghiaia per le strade non selciate, le quali, a loro volta, biancheggiano come se coperte di neve, e biancheggiano le vesti, i capelli, le barbe degli alabastrai che s’incontrano ovunque: e biancheggia, si può dire, tutta Volterra.  […]

( Corrado Ricci, brano tratto dal libro “Volterra”, 1905 – Istituto Italiano d’Arti Grafiche )

4 commenti Aggiungi il tuo

  1. Elena ha detto:

    Città meravigliosa con i suoi capolavori…

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    1. Carlo Rossi ha detto:

      Hai ragione.

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  2. fulvialuna1 ha detto:

    Bellissima questa descrizione su un “lavoro” tanto antico. E c’è da dire che amo l’alabastro….

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    1. Carlo Rossi ha detto:

      Grazie.

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