
È inutile, caro mio; ci sono certe occasioni nelle quali è impossibile dire di no. Ti pressano, ti conquidono, ti obbligano con tante premure che il rifiutare sarebbe lo stesso che commettere una vera sconvenienza verso persone le quali non hanno altro pensiero che di farti una gentilezza.
Accusi gli affari ? «Per un giorno», ti rispondono, «non cascherà il mondo.»
Fa troppo caldo ? «Venga la mattina pel fresco.»
La via dalla stazione al paese è lunga ? «Lo mando a prendere col barroccino.»
Hai fissato di passar la giornata con un amico ? «Meni anche lui…»
Insomma, gli dissi di sì, e domenica mattina andai e la feci finita. Appena arrivato in paese tra la folla dei contadini che uscivano dalla prima messa e mi guardavano come una bestia feroce, domandai della casa del signor Cosimo, alla quale domanda otto o dieci mi si offersero per accompagnarmici.
«Eccola lassù: la vede quella palazzina con una torricella sul tetto ? è quella.
Che lo conosce lei il sor Cosimo ? Buon signore quello!
O il su’ fratello prete ?! ah! o lui?
O la su’ moglie, la sora Flavia? Bona signora è quella, e quante elemosine fa!
Ma anche la sor’ Olimpia, veh! la sorella, si direbbe, del signor Cosimo… Ha le su’ idee anche lei, diremo, come se uno dicesse che ha la gran passione de’ libri che n’ha sempre uno per le mani e ci ha perso quasi la testa; ma dopo, vede? lo ridice tutto a mente che a volte non ci si crederebbe nemmeno. Gran bona ragazza però, anche lei! e per la su’ famiglia, quando c’è da mettere in carta qualche cosa, se non ci fosse lei, non saprebbero da che parte rifarsi. Prima c’era Bistino, il su’ figliolo maggiore del sor Cosimo; ma ora è a Volterra in Seminario, dove dice che si fa tanto onore che neanche per le vacanze non lo voglion mai rimandare. È dimolto bravo quel ragazzo! E quando c’era lui, anche il Cappellano alla su’ tesa, col su’ aiuto… pigliavan più uccelli loro in un giorno che tutte quest’altre tese in una settimana…
Guardi; lei pigli di qui e su e ci va a battere il capo senza sbaglio.»
Tutte queste notizie sui miei ospiti, che in parte già conoscevo, mi furono date per via dai contadini, i quali, uno dopo l’altro, facevano a gara a favorirmele, finché, messomi all’imboccatura d’un breve viale che menava alla villa, mi ebbero lasciato, salutandomi rispettosamente e domandandomi se m’occorreva servitù.
«Non mette male!», dissi, dandomi una fregatina di mani. Era tanto che mi struggevo di passare una giornata di riposo in campagna, che affrettai il passo per anticiparmi la contentezza d’un’ora di pace fra le pareti patriarcali di questa buona famiglia campagnola, lontano dalle noiose etichette, dalle cordiali accoglienze fatte col compasso, dai freddi entusiasmi, dalla gretta ospitalità, infine, che spesso siamo costretti a ricevere e qualche volta, pur troppo! anche a dare fra le esigenze della vita di città.
[…]
(Renato Fucini, brano tratto da “Scampagnata”, in “Le veglie di Neri: paesi e figure della campagna Toscana”, 1882)
Felice di leggerti su articoli che parlano della Toscans che adoro. Un abbraccio
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Fa troppo caldo ? «Venga la mattina pel fresco.». bellissimo!!! 😀
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